Physical computing

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Con il termine Physical Computing si definisce, in senso ampio, un campo di studi e di pratiche volto a costruire sistemi fisici interattivi.

A tal fine si utilizzano tecnologie basate sull’utilizzo integrato di software e di hardware che rendono capaci gli oggetti di sentire e rispondere agli stimoli provenienti dal mondo circostante.1 Poiché non sembra esistere un corrispondente in italiano dell’espressione Physical Computing nel seguito della trattazione, per chiarezza, si continuerà a utilizzare il nome inglese. Una traduzione, piuttosto letterale, in italiano di Physical Computing potrebbe essere Calcolo Fisico. Poiché sembra che questa traduzione non sia ancora entrata nell’uso comune per semplicità e chiarezza si preferisce non utilizzarla.

Il Physical Computing è un campo di studi e di pratiche interdisciplinari che attraversano trasversalmente l’elettronica, l’informatica e l’Interaction design. Il suo principale interesse è rivolto all’integrazione tra tecnologie software e hardware e materiali e oggetti fisici al fine di realizzare di prototipi funzionanti utili per sperimentare ipotesi e verificare soluzioni progettuali formulate all’interno di processi di Interaction Design. Le pratiche tipiche del Physical Computing possono essere dunque considerate una forma di “artigianato” o di attività di laboratorio collocate all’interno di processi di progettazione e realizzazione di sistemi d’interazione.

Interaction Design

L’Interaction Design è una disciplina nata all’interno delle ricerche sull’interazione uomo-macchina (in Inglese Human Computer Interaction – HCI). In questo contesto, inizialmente, lo scopo fondamentale della progettazione di sistemi d’interazione consisteva nel rendere possibile e facilitare al massimo, per un essere umano, l’uso e l’interazione con le macchine (meccaniche e digitali). Con il tempo i campi di applicazione dei paradigmi di ricerca e di progettazione tipici dell’Interaction Design si sono allargati fino a toccare gli aspetti dell’interazione degli esseri umani non solo con sistemi tecnologici, ma anche con sistemi e servizi complessi nei vari campi della società. In questa accezione più ampia, l’attività d’indagine e progettazione può riguardare vari campi: da un lato, per esempio, lo studio dell’interazione uomo-uomo oppure uomo-istituzioni sociali ed economiche, uomo-territorio. In tal caso, i metodi di studio dell’interazione si spostano dal campo prettamente tecnologico e scientifico verso le scienze umane (antropologia, etnologia), le scienze economiche e sociali, fino all’ingegneria e all’architettura. In questi ultimi anni, lo sviluppo delle applicazioni legate alla tecnologia degli smartphone e alle sue ricadute in termini di marketing e di nascita e integrazione di nuovi servizi legati a ciò che viene chiamata, da qualche tempo, la sharing economy ha portato l’Interaction Desing a subire un ulteriore allargamento che ha spinto alla nascita di una nuova disciplina denominata UX – User experience che spostando
l’attenzione ancora di più verso l’esperienza vissuta dagli utenti nell’atto di fruire di prodotti e servizi ingloba al suo interno estendendoli i paradigmi propri dell’Interaction Design.

Esistono, dunque, numerose e diverse definizioni di Interaction Design. Una delle tante possibile afferma che l’Interaction Design consiste nella progettazione e realizzazione (design) di esperienza interattive. Tra le tante, questa defizione
è quella che più si avvicina allo spirito con cui opera e lavora Artis Lab. In questa ottica, quindi, l’Interaction Design si
concentra sulla creazione di esperienze significative tra esseri umani e gli oggetti del mondo che ci circonda. In questo percorso, volto a esplorare la creazione di esperienze tra uomini e sistemi tecnologici, la realizzazione e la verifica di ipotesi e soluzioni attraverso la costruzione fisica di prototipi è un aspetto essenziale. In questo approccio, la prototipazione  e, soprattutto, l’analisi dei fallimenti dei prototipi sono il nodo centrale di un processo iterativo di sperimentazione e innovazione. Questo processo di ricerca e progettazione fondato su un metodo iterativo
centrato sulla costruzione fisica di oggetti lega fortemente l’Interaction Design al Physical Computing che in questo caso fornisce gli strumenti e i metodi tecnici per la costruzione di prototipi e di oggetti fisici. Le due discipline a questo livello si intersecano fortemente creando un territorio emergente di natura ibrida che coinvolge arte, design, psicologia, ingegneria, elettronica e programmazione.

Oltre al metodo di lavoro iterativo basato sulla realizzazione e la verifica diretta di prototipi, l’Interaction Design è un campo di studi caratterizzato da un secondo particolare paradigma di ricerca volto a investigare una tendenza emersa a partire dalla fine degli anni Novanta dello scorso secolo nel campo della progettazione di interfacce uomo computer. I progetti sviluppati in questo settore, infatti,tendono tutti a immaginare come realizzare il superamento del paradigma sviluppato a partire dagli anni settanta per quanto riguarda l’interazione umana con i computer e i sistemi informatici in generale basata sulla centralità di dispositivi quali mouse, tastiera e schermo. Negli ultimi venti anni circa, la crescente diffusione di tecnologie software e hardware aperte ha reso possibile per artisti e designer accedere all’utilizzo dei sistemi che caratterizzano il Physical Computing fino ad allora esclusivo appannaggio di tecnici e ingegneri operanti in grandi centri di ricerca universitari o aziendali. Come sottolinea Noble2, infatti, tutto ciò ha creato delle condizioni assolutamente nuove e inedite rendendo possibile la nascita di nuovi settori di ricerca nel campo dell’espressione artistica e del design:

Ten years ago, the idea of artists or designers writing code or designing hardware was almost unheard of. Today, not only has it become commonplace, but it has become an important arena of expression and exploration. The dialogue between technology and design is a vital and vibrant one that shapes art and technology alike.

Physical Computing

Seguendo l’approccio che caratterizza l’Interaction Design, il Physical Computing basa il suo campo d’interesse nello studio e nell’apprendimento di come gli esseri umani comunicano attraverso i computer. Tutto ciò è considerato attraverso l’analisi del modo in cui gli uomini esprimono e manifestano se stessi nel mondo fisico attraverso il proprio agire. Secondo il paradigma classico del HCI, affermatosi negli anni settanta dello scorso secolo, la progettazione di interfacce per i computer dava per scontato una serie di dispositivi hardware, come per esempio la tastiera, lo schermo, il mouse, forse anche delle casse oppure delle telecamere, e si concentrava sullo sviluppo e l’evoluzione di tutto il software necessario per agire all’interno di questi limiti così ben definiti.

Un nuovo paradigma di ricerca

L’approccio su cui si basa il Physical Computing è piuttosto il contrario di tutto ciò, poiché, in questo caso, è il corpo dell’uomo e il suo modo di esprimere se stesso attraverso il suo agire che viene assunto come dato e si cerca di progettare sistemi d’interazione all’interno delle sue capacità d’espressione.3

Per operare secondo questo nuovo paradigma nella progettazione di sistemi d’interazione tecnologici è, dunque, necessario apprendere come trasferire in un computer le informazioni relative ai cambiamenti di energia forniti dai nostri corpi sotto forma di calore, di luce, di suono e di qualsiasi altra grandezza fisica sotto forma di variazioni di segnali elettrici che possono essere letti e interpretati dal calcolatore. A tal fine è importante comprendere come tutto ciò sia possibile attraverso l’utilizzo di sensori capaci di trasformare in segnali elettrici le variazioni di grandezze fisiche e di semplici e piccoli calcolatori, chiamati microcontrollori, che possono leggere i segnali elettrici prodotti dai sensori e trasformali in dati che possono essere trasferiti ai calcolatori oppure utilizzati per prendere decisioni e compiere azioni attraverso degli attuatori.

Dispositivi fisici

I sensori, dunque, sono dei trasduttori, ossia dei dispositivi capaci di convertire una grandezza fisica in un’altra oppure una forma di energia in un’altra forma differente, che trasformano delle grandezze fisiche qualsiasi in segnali elettrici, mentre gli attuatori sono trasduttori che, all’opposto, trasformano segnali elettrici in altre opportune grandezze fisiche: motori, luci LED, elettrovalvole sono tutti esempi di attuatori che possono essere controllati da microcontrollori per realizzare delle azioni nel mondo reale.

Un microcontrollore (in inglese microcontroller, oppure MCU come acronimo di MicroController Unit), in elettronica digitale, è un dispositivo elettronico integrato su singolo circuito elettronico. I microcontrollori sono dispositivi nati come evoluzione e/o alternativa all’utilizzo dei microprocessore. Sono utilizzati generalmente in sistemi embedded per svolgere applicazioni specifiche di controllo digitale. Un sistema embedded (generalmente tradotto in italiano con sistema integrato, letteralmente immerso o incorporato), nell’informatica e nell’elettronica, identifica genericamente tutti quei sistemi elettronici di elaborazione digitale dotati di microprocessori o microcontrollori progettati appositamente per una determinata applicazione. In tal caso le unità di calcolo sono, dunque, non riprogrammabili dall’utente per altri scopi, e, spesso, dotate di una piattaforma hardware ad hoc. Inoltre sono completamente integrate nel sistema che controllano e sono in grado di gestirne tutte o parte delle funzionalità richieste.

Costruire

Il Physical Computing, come già detto in precedenza, spesso si basa su un approccio hands-on, ossia mediante l’apprendimento pratico di un “artigianato” di metodi volti a rendere possibile una sperimentazione diretta di ipotesi e idee progettuali attraverso la realizzazione e la valutazione del funzionamento di prototipi e modelli fisici. Chi si occupa di Physical Computing, spesso, spende la maggior parte del proprio tempo costruendo e progettando circuiti, saldando, e costruendo sia le parti elettroniche sia quelle meccaniche per alloggiare sensori e attuatori. Tutto ciò spesso è realizzato attraverso un metodo sperimentale volto, attraverso prove ed errori, a trovare il modo migliore per risolvere tutti questi problemi in relazione al modo di comportarsi e di esprimersi degli esseri umani.


1. Igoe T. O’Sullivan, D. Physical Computing: Sensing and Controlling the Physical World with Computers. Thompson Course Technology, Boston, MA, 2004.

2. Noble J. Programming Interactivity. A Designer’s Guide to Processing, Arduino, and openFrameworks. OReilly, Sebastopol, CA, 2009.

3. Igoe. T. Make: Making Things Talk. Maker Media, Sebastopol, CA, 2007.

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